Dott.ssa Carmen Biscaini,  Scienza dell'alimentazione

C’è relazione tra dieta e mal di testa?

Secondo il report del 2016, la prevalenza globale dell’emicrania come forma primaria di mal di testa è del 14,4% in entrambi i sessi e sembra che le donne siano colpite da emicrania 2 o 3 volte di più rispetto agli uomini, in forma più intensa e di maggior durata.

Quando sono presenti disturbi concomitanti, come altri disturbi neurologici e psichiatrici, dolore cronico, malattie cardiovascolari, disturbi gastrointestinali, allergia o asma e obesità, il trattamento del mal di testa diventa più complicato. Indipendentemente dalle modalità di trattamento applicate, il controllo dei fattori scatenanti e la modifica dello stile di vita sono indispensabili alla gestione efficace dell’emicrania.

Pertanto è fondamentale un approccio terapeutico integrato per migliorare la qualità della vita nei pazienti che soffrono di questa patologia e in questo contesto rientra l’alimentazione. Sembra che in alcuni casi il consumo di alimenti specifici possa scatenare l’attacco di mal di testa/emicrania.

Per ridurre la frequenza del mal di testa o addirittura impedire l’inizio di un attacco, è importante seguire una sana alimentazione e potrebbe essere utile formulare raccomandazioni dietetiche specifiche in base alle esigenze dei pazienti e ai tipi di comorbilità, quali obesità, convulsioni, disturbi gastrointestinali, depressione, ansia, e intolleranze alimentari.

Si pensa che i meccanismi con i quali gli interventi dietetici possano influenzare il mal di testa siano diversi: effetti sulle disfunzioni serotoninergiche, sull’eccitabilità neuronale, sui livelli di fattori che hanno un ruolo nella patogenesi dell’emicrania, come il Calcitonin Gene Peptide-correlato (CGRP), l’ossido nitrico (NO), l’adiponectina e la leptina, effetti sulla funzione mitocondriale del cervello, sulla neuroinfiammazione, sulla funzione ipotalamica e sull’aggregazione piastrinica.

L’obesità, molto diffusa nei Paesi occidentali, sembra sia prevalente tra i pazienti con cefalea; dunque quest’ultima potrebbe giovare di una riduzione peso eccessivo.

Nonostante il numero di studi riguardanti gli effetti della dieta su mal di testa / emicrania è ancora limitato, c’è sempre più interesse su questo tema.

Gli approcci dietetici che sembrano avere un ruolo benefico in relazione al mal di testa sono:

  • digiuno e diete ristrette in carboidrati (dieta chetogenica KD, dieta ipocalorica, dieta Atkins modificata MAD, dieta a basso indice glicemico LGD);
  • diete dimagranti;
  • dieta a basso contenuto di grassi;
  • diete di eliminazione;
  • dieta a basso contenuto di sodio.

Vediamo ora quali sono i possibili meccanismi alla base di ognuna di questa tipologia dietetica nella protezione contro il mal di testa e in particolare contro l’emicrania.

DIGIUNO E DIETE RISTRETTE IN CARBOIDRATI

Già da tempo i grandi filosofi applicarono il digiuno come un tipo di terapia per diverse condizioni e la dieta chetogenica (KD) fu inizialmente pensata proprio per ottenere gli effetti del digiuno. L’utilizzo della KD per il trattamento dell’epilessia farmaco-resistente risale all’epoca di Ippocrate. Negli ultimi anni poi, questa tipologia di dieta ha ricevuto crescente attenzione come potenziale trattamento per gli altri disturbi neurologici. Sia KD che MAD sono state ampiamente prescritti nel trattamento di pazienti con epilessia intrattabile. Il contenuto di carboidrati in queste diete è molto ristretto (<30 g/die) e si traduce nell’indurre gli effetti del digiuno oltre che provocare una rapida perdita peso e un aumento del metabolismo dei grassi, con di produzione corpi chetonici (KB). Nella MAD, rispetto alla KD, vi è un controllo stretto dei carboidrati, ma l’apporto proteico e calorico sono liberi da restrizioni.

Gli effetti benefici di KD e MAD su condizioni come disturbi neurodegenerativi, tumori cerebrali, autismo, sclerosi laterale amiotrofica ed emicrania hanno portato un crescente interesse verso questi approcci alimentari come strategie terapeutiche. Si pensa che queste diete svolgano un ruolo di neuroprotezione, miglioramento della funzione mitocondriale e potenziamento di produzione di ATP.

In diversi studi è emerso che la dieta chetogenica nei pazienti con cefalea porta alla scomparsa degli attacchi di mal di testa e che questo effetto rimane fino a 7 mesi dalla sospensione della dieta. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che la KD regola l’equilibrio tra inibizione ed eccitazione a livello corticale come dimostrato dalla normalizzazione dei test neurofisiologici come il test del potenziale visivo evocato (VEP) e dei potenziali evocati somato-sensoriali del nervo mediano (SSEP).

I meccanismi d’azione della KD a livello cerebrale sono ancora in parte da chiarire. Secondo alcuni studi sembra che la chetosi possa attenuare la gravità dell’emicrania attraverso:

  • compensazione della disfunzione serotoninergica;
  • regolazione delle correnti ioniche;
  • riduzione dell’eccitabilità corticale (agendo sul rapporto glutammato/GABA);
  • riduzione dello stress ossidativo;
  • protezione dell’integrità sinaptica;
  • modulazione dell’espressione citochinica e neurormonale;
  • riduzione della sintesi e del rilascio di CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), vasodilatatore che sembra essere presente in maggiore quantità negli emicranici; esso interviene nella trasmissione del dolore e fa percepire come dolorosi stimoli che normalmente non lo sarebbero;
  • miglioramento della funzione mitocondriale cerebrale (con aumento della disponibilità di ATP e mitocondriogenesi).

Anche la dieta ipocalorica, che non restringe i carboidrati come le due diete precedenti, ma limita molto l’apporto calorico, in diversi studi ha dato benefici in pazienti che soffrivano di emicrania, portando alla riduzione della frequenza e intensità degli attacchi di mal di testa. Tuttavia dopo aver interrotto la dieta, tali pazienti hanno mantenuto tali benefici per soli 3 mesi.

Confrontando la dieta chetogenica e la MAD con quella ipocalorica, emerge che le prime sono superiori in termini di benefici apportati nei pazienti emicranici, con un tasso di risposta del 90%, indipendentemente dalla riduzione di peso. È stato anche osservato che tale miglioramento si manifesta già nel primo mese di intervento e persiste per un paio di mesi dopo aver interrotto la dieta. Sembra invece che la dieta ipocalorica porta ad evidenti benefici solo dopo 3-6 mesi.

Nella Dieta a Basso indice Glicemico (LGD) l’assunzione giornaliera di carboidrati è limitata a 40-60 g al giorno, preferendo alimenti con un indice glicemico (GI) inferiore a 50. Quindi deve essere limitato o evitato il consumo di pane bianco, zucchero, cioccolato, dolci, pasticcini, riso, patate, mais, marmellate, miele, melassa, succhi, bevande zuccherine e frutta. Nella LGD i carboidrati provengono quindi dai legumi, verdura, frutta (con moderazione) e cereali ricchi di fibre.

Da alcuni lavori sugli effetti della LGD sul mal di testa, emerge che la restrizione dei carboidrati riduce la frequenza e l’intensità degli attacchi, probabilmente modulando la risposta infiammatoria, comunque in modo meno marcato rispetto alle diete chetogeniche KD e MAD.

 

DIETE “DIMAGRANTI”

La relazione tra cefalea primaria e l’obesità è stata suggerita per la prima volta da Scher e colleghi nel 2003, che in uno studio prospettico con un follow up di 11 mesi hanno evidenziato che i soggetti obesi (BMI ≥30), hanno un rischio aumentato di cinque volte di sviluppare mal di testa cronici rispetto agli individui normopeso mentre le probabilità erano tre volte maggiori nei pazienti in sovrappeso (BMI: 25-29). Dunque la riduzione del peso è tra gli interventi suggeriti per le cefalee dovute a ipertensione intracranica idiopatica. Sebbene i dati sugli effetti della perdita di peso sul controllo primario del mal di testa sono limitati, l’associazione tra emicrania e obesità è stato un campo di interesse in crescita negli ultimi anni.

È noto che l’obesità è spesso associata ad ipertensione, dislipidemia, insulino-resistenza (IR) e infiammazione (ovvero le componenti della sindrome metabolica). Studi recenti lo hanno segnalato che il livello di insulina è spesso più alto tra gli emicranici e che circa l’11,1% di questi pazienti può soffrire di IR. È stato anche notato che l’IR potrebbe essere correlata alla durata degli attacchi nell’emicrania. L’emicrania e la sindrome metabolica sono generalmente presenti contemporaneamente, però nessuna relazione causale è stata ancora stabilita.

Quali sono i meccanismi alla base dell’associazione tra peso corporeo in eccesso ed emicrania?

La relazione tra obesità ed emicrania è attribuibile principalmente all’elevato rilascio di marcatori proinfiammatori da parte del tessuto adiposo in eccesso, che provocherebbe anche neuroinfiammazione, alla base della genesi del dolore emicranico. Tra i fattori proinfiammatori studiati, elevati livelli di proteina C reattiva (PCR), noto marker di infiammazione sistemica, sono stati segnalati sia negli individui obesi che nei pazienti con emicrania; sembra quindi che ci possa essere un’associazione tra PCR ed esodi di emicrania. Inoltre, l’aumento dei fattori pro-infiammatori, come interleuchina (IL) -1β, IL-6, fattore di necrosi tumorale (TNF) -α e leptina è stato spesso presente negli individui obesi, portando ad uno stato infiammatorio persistente di basso grado e tali citochine sembrano essere aumentate anche negli emicranici, specialmente durante le fasi di attacco. Si è visto poi che gli obesi hanno aumentati livelli plasmatici di CGRP (importante nella patogenesi dell’emicrania) e da studi su modelli murini sembra che la somministrazione di CGRP induca l’accumulo di grasso. La sostanza P (SP) è un altro fattore che potrebbe svolgere un ruolo nella patogenesi dell’emicrania ed è stata rilevata anche nel tessuto adiposo, avendo un ruolo sia nell’accumulo di grasso, sia nell’inizio della cascata infiammatoria legata all’obesità.

Negli ultimi anni, il rapporto tra i fattori rilasciati dagli adipociti, noti come adipochine (ad es. adiponectina e leptina) ed emicrania ha dato più informazioni sul contributo del tessuto adiposo nella fisiopatologia dell’emicrania. Anche se sono necessari più studi per trarre una conclusione definitiva, le prove attuali suggeriscono che la concentrazione di adiponectina potrebbe essere aumentata nell’intervallo libero mentre potrebbe diminuire durante gli attacchi di emicrania. Quindi, si potrebbe ipotizzare che l’aumento del livello di adiponectina possa essere benefico per il miglioramento dell’emicrania. Questo effetto potrebbe essere spiegato dalla correlazione riportata tra bassi livelli di adiponectina e aumento di citochine proinfiammatorie e aggregazione piastrinica. Inoltre, un livello ridotto di adiponectina sembra essere coinvolto nell’aumento del rischio di sviluppare obesità, aterosclerosi e diabete. Invece, un aumento della leptina si ritiene che induca la secrezione di fattori proinfiammatori che giocano un ruolo nell’emicrania (IL-6 e TNF- α e NO), attraverso la via di segnalazione NFκB. Alcuni studi hanno riportato che la somministrazione di leptina in modelli murini potrebbe diminuire la soglia del dolore. Tuttavia, i risultati delle ricerche riguardanti l’associazione tra i livelli di leptina e l’emicrania non sono ancora conclusivi.

Alcuni neurotrasmettitori, come la serotonina (5HT), influiscono sui meccanismi ipotalamici che determinano il consumo di cibo e il controllo del peso corporeo, determinando il senso di sazietà. Si è visto anche che l’incremento delle concentrazioni di serotonina nei periodi ictali di emicrania può essere attribuito alla secrezione di serotonina da parte delle piastrine, che induce la vasocostrizione delle arterie e provoca lo sviluppo della depressione corticale diffusa (CSD), ovvero un’onda di eccitazione dei neuroni seguita da depressione dell’attività neuronale che si propaga attraverso la corteccia cerebrale.  Un altro regolatore dell’appetito, che potrebbe anche avere un contribuito nell’emicrania è l’orexina A. Un aumento dei livelli di orexina nel liquido cerebrospinale è stato osservato negli emicranici. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per analizzare l’associazione tra orexina A e mal di testa in individui obesi e non obesi e valutare gli effetti dei farmaci che prendono di mira questo sistema negli emicranici.

 

DIETE A BASSO CONTENUTO DI GRASSI

La quantità e il tipo di grassi assunti influiscono sulle risposte infiammatorie. L’equilibrio tra gli acidi grassi essenziali omega-6 e omega-3 è fondamentale per controllo infiammatorio. Le prostaglandine (PG), che derivano acido arachidonico (omega 6) e giocano un ruolo fondamentale nel controllo dell’infiammazione acuta e cronica. PGE1, metabolita a valle dell’acido linoleico (omega-6), è uno dei più potenti vasodilatatori e si è visto che causa mal di testa. D’altra parte, gli acidi grassi omega-3, principalmente l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), con effetto anti-infiammatorio, sembrano attenuare l’aggregazione piastrinica e influenzare la biosintesi della serotonina o la funzione dei recettori 5HT, modulandone la produzione e/o l’attività.

In generale comunque si ritiene che la dieta ricca di grassi saturi aumenti il colesterolo LDL plasmatico e aumenti l’aggregabilità piastrinica: sembra che l’attacco di emicrania possa essere scatenato da condizioni che aumentano l’aggregazione piastrinica, attraverso la secrezione di serotonina e i conseguenti effetti sui vasi sanguigni e sulla produzione di NO e PG. La secrezione simultanea di questi fattori può contribuire all’inizio del dolore alla testa nell’emicrania. Si è ipotizzato che la suscettibilità all’emicrania potrebbe essere correlata alla costantemente bassa concentrazione di serotonina sierica e ad una maggiore sensibilità agli agonisti della serotonina durante gli attacchi, probabilmente a causa di un difetto nel metabolismo della serotonina. Pertanto, una dieta che migliori il rapporto omega 6-omega 3, e che dunque limiti i primi a vantaggio secondi, si potrebbe tradurre in un miglioramento del profilo lipidico plasmatico e di conseguenza riduzione dell’aggregazione piastrinica, con diminuzione della frequenza e durata dell’emicrania.

 

DIETE DI ELIMINAZIONE 

Ogni paziente che soffre di mal di testa può riferire di aver individuato almeno un fattore scatenante (trigger). È noto che alcuni tipi di cibi e bevande possono agire come fattori scatenanti il mal di testa: formaggio, cioccolato, agrumi, alcool, caffè, pomodori, carboidrati, prodotti lievitati e vino rosso sono tra gli alimenti che più comunemente possono scatenare attacchi di emicrania. Tuttavia, non c’è consenso sull’identificazione dei trigger alimentari univoci nel mal di testa.  Inoltre, ci sono state varie ipotesi sui meccanismi con i quali i trigger potrebbero scatenare l’attacco di emicrania: “Ipotesi amminica”, meccanismo “allergico” o vasodilatazione causata da istamina/ossido nitrico; nessuno di questi però è stato supportato da adeguate evidenze. Alcuni studi hanno valutato gli effetti di diete di eliminazione nel controllo del mal di testa tra gli adulti ma non ci sono ancora risultati conclusivi. Molti emicranici riportano che alcuni alimenti provocano mal di testa solo se in combinazione con stress o esercizio fisico, condizioni che di per sé sono considerate scatenanti, in quanto portano ad aumento di citochine proinfiammatorie. Alcuni pazienti sembrano inoltre essere sensibili all’istamina. Riguardo al possibile collegamento tra mal di testa e allergia, considerati i benefici di una dieta che riduca istamina sui sintomi dell’intolleranza e sui disordini allergici, si può ipotizzare che questo approccio dietetico possa essere promettente nel controllo dell’emicrania, soprattutto nei pazienti allergici.

 

DIETA A BASSO CONTENUTO DI SODIO 

Secondo i risultati di uno studio di coorte basato su un ampio campione, potrebbe esserci una relazione negativa tra pressione sanguigna e comparsa di mal di testa. Pertanto, un’alimentazione che contribuisca ad abbassare la pressione sanguigna, potrebbe ridurre l’incidenza dei mal di testa. A questo proposito, la dieta DASH o comunque un’alimentazione a basso contenuto di sodio, potrebbero essere considerate anche nella profilassi del mal di testa. Sono stati fatti solo alcuni studi per valutare la relazione tra dieta DASH, assunzione di sodio e mal di testa indipendentemente dalla pressione sanguigna, ma i risultati non sono stati conclusivi. Quindi, ad eccezione di quegli emicranici affetti da ipertensione, servono più ricerche per poter dare certi consigli sull’apporto ottimale di sodio nei pazienti con emicrania.

 

CONCLUSIONE 

In conclusione quindi possiamo dire che diversi interventi nutrizionali potrebbero essere efficaci nel ridurre l’emicrania e i sintomi associati.

La chetosi, ottenuta nelle diete KD e MAD sembra determinare neuroprotezione e miglioramento della funzione mitocondriale e del metabolismo energetico, compensando la disfunzione serotoninergica, diminuendo il livello CGRP, sopprimendo la neuroinfiammazione e la CSD, tutti meccanismi coinvolti nella fisiopatologia dell’emicrania.

Anche una dieta a basso indice glicemico (LGD) sembra essere promettente nel controllo del mal di testa/emicrania, attenuando lo stato di infiammazione.

Obesità e mal di testa, potrebbero essere collegati attraverso meccanismi come infiammazione e disfunzione ipotalamica, di conseguenza, applicare strategie dietetiche per la perdita di peso potrebbe anche migliorare il mal di testa/emicrania.

Un altro importante intervento dietetico che potrebbe essere efficace nel miglioramento del mal di testa/emicrania è legato all’equilibrio tra l’assunzione di acidi grassi essenziali omega-6 e omega 3, che potrebbe influenzare la risposta infiammatoria, la funzione piastrinica e la regolazione di tono vascolare. Per quanto riguarda invece la dieta di eliminazione, questa potrebbe essere efficace nel prevenire mal di testa nei pazienti con emicrania e sensibilità alimentare.

 “Association of diet and headache” Soodeh Razeghi Jahromi, Zeinab Ghorbani, Paolo Martelletti, Christian Lampl, Mansoureh Togha- J Headache Pain. 2019 Nov 14;20(1):106. doi: 10.1186/s10194-019-1057-1.

Dott.ssa Carmen Biscaini
Biologa Nutrizionista, Specialista in biochimica clinica
www.carmenbiscaini.it