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Differenza tra infezione e malattia infettiva

L’inizio di un’infezione esogena presuppone l’arrivo di microrganismi patogeni da una sorgente esterna direttamente nel sangue o nei tessuti profondi dell’organismo o, più frequentemente, sulla cute o le mucose.
La cute con un’epidermide integra rappresenta un ambiente difficilmente colonizzabile dalla maggior parte dei microrganismi patogeni grazie all’azione antibatterica dell’acido lattico presente nelle secrezioni delle ghiandole sudoripare e di alcuni acidi grassi presenti nelle secrezioni sebacee. Si consideri, però, che alcuni batteri come gli stafilococchi sono in grado di metabolizzare tali acidi grassi e colonizzare così alcuni distretti corporei, proprio in prossimità delle ghiandole sebacee; alcuni miceti, poi, sono specializzati nell’infettare l’epidermide (sono pertanto definiti dermatofiti).
Anche i virus non sono in grado di colonizzare la cute integra dato che le cellule dello strato corneo dell’epidermide non presentano strutture che ne consentano l’ancoraggio e la continua desquamazione delle cellule più superficiali assicura il loro allontanamento.

Le mucose, invece, anche se perfettamente integre, sono facilmente colonizzabili grazie alla presenza di recettori sulle cellule dell’epitelio mucoso che permettono l’ancoraggio di microrganismi i quali, però, devono essere in grado di superare la “concorrenza” della flora microbica residente, presente normalmente sulle mucose dei vari distretti dell’organismo. Alcuni microrganismi si limitano a moltiplicarsi a livello dell’epitelio mucoso; altri, attraverso le lesioni indotte nell’epitelio, possono raggiungere i tessuti profondi e per via ematica o linfatica raggiungere sedi distanti rispetto al punto di penetrazione.
Bisogna dire, per fortuna, che non ogniqualvolta un microrganismo patogeno giunge nei tessuti profondi o, addirittura, nel circolo ematico o linfatico, si sviluppa una malattia. Perché si realizzi la malattia è necessario che l’agente patogeno abbia il sopravvento sulle ulteriori difese antinfettive di cui normalmente l’organismo è provvisto e che interessi, direttamente o tramite la produzione di sostanze tossiche, un numero sufficientemente elevato di cellule o, comunque, di cellule dotate di particolari ed insostituibili funzioni (come i neuroni motori). In tal caso determinerà la comparsa di segni e sintomi di sofferenza soggettivamente avvertibili ed oggettivamente rilevabili che caratterizzeranno una particolare malattia infettiva. È possibile anche che microrganismi non patogeni siano in grado di determinare un’infezione quando le difese dell’ospite sono debilitate; in tal caso, questi germi sono definiti microrganismi opportunisti.
Il tempo affinché l’infezione si traduca in malattia è definito periodo di incubazione; durante questo periodo, variabile a seconda della patogenicità dell’agente infettivo e dell’efficienza delle difese immunitarie, il microrganismo si moltiplica fino ad arrivare ad un numero tale da sopraffare le difese dell’ospite.
Le malattie che non si sviluppano come tali ma restano solo ad un livello di infezione sono definite subcliniche. Un’infezione subclinica, che può essere cronica, può comunque essere trasmessa da un soggetto portatore sano, ossia infetto ma non malato, ad un soggetto sano. Spesso i portatori sani sono più pericolosi dei pazienti malati perché proprio in quanto inconsapevoli della loro condizione, conducono una vita di relazione normale con alta probabilità di trasmettere l’agente infettante.
D’altra parte, un’infezione subclinica che perduri da molto tempo, anche anni, può sfociare in malattia con gravi ed irreparabili danni a diversi organi e tessuti.

Articolo creato il 13 aprile 2011.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.