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Avvelenamento da piombo

L’avvelenamento acuto da piombo è relativamente raro e si verifica in seguito a inge­stione di composti contenenti piombo solubili in acidi o per inalazione di vapori di piombo.
A livello orale le manifestazio­ni immediate della tossicità sono un accentuato effetto astrin­gente, sete e sapore metallico.
Seguono nausea, dolori addomi­nali e vomito. Il vomito può essere lattiginoso per la presenza di cloruro di piombo.
Il dolore addominale, benché marcato, è diverso da quello tipico dell’avvelenamento cronico. Le feci possono essere nere per la presenza di solfuro di piombo e si possono manifestare diarrea e stipsi.
Se vengono assorbite rapi­damente grosse quantità di piombo, si può instaurare una sin­drome da shock in conseguenza di una massiccia perdita gastrointestinale di fluidi.
I sintomi acuti a livello del sistema ner­voso centrale includono parestesie, dolore e debolezza muscolare.
Talora si può assistere a crisi emolitica acuta, accompagnata da grave anemia ed emoglobinuria.
Compare danno renale, associato a evidente oliguria e alterazione del­la composizione urinaria.
La morte sopraggiunge nell’arco di 1-2 giorni. Se il paziente sopravvive all’episodio acuto, è probabile che si presentino i caratteristici segni e sintomi dell’avvelenamento cronico da piombo.

Le manifesta­zioni e i sintomi dell’avvelenamento cronico da piombo (o saturnismo) possono essere suddivisi in sei categorie: gastrointestinali, neuromuscolari, sul sistema nervoso centrale, ematologici, renali e altri. Tali manifestazioni di tossicità si possono presentare separatamente o in combinazione.
Le sindro­mi neuromuscolari e centrali sono di solito conseguenza di un’intensa esposizione, mentre la sindrome addomina­le è una manifestazione più comune delle intossicazioni a sviluppo molto lento e insidioso. Di solito, la sindrome a carico del SNC è più frequente nei bambini, mentre la sindrome gastrointestinale prevale negli adulti.

Effetti gastrointestinali Il piombo agisce sui muscoli lisci dell’intestino, producendo sintomi gastrointestinali che sono un im­portante e precoce segno di esposizione al metallo. La sindrome addominale insorge spesso con sintomi mal definiti, quali ano­ressia, dolori muscolari, malessere e cefalea. Solitamente la sti­psi è una manifestazione precoce, specie negli adulti, ma talvolta si manifesta anche diarrea. Nelle prime fasi della sindrome il paziente avverte un persistente sapore metallico. Col procedere dell’intossicazione, anoressia e stipsi diventano più marcate. Lo spasmo intestinale (o colica saturnina), che causa forti dolori addominali, è la manifestazione della sindrome addominale avan­zata che arreca le maggiori sofferenze al paziente. In genere, gli attacchi sono parossistici e atroci: la muscola­tura addominale diventa rigida e risulta dolente specie nella regione periombelicale. Nel caso in cui la colica non sia grave, l’allontanamento del soggetto dalla fonte d’esposizione può essere sufficiente alla regressione dei sintomi.
Per alleviare il dolo­re si raccomanda la somministrazione endovenosa di gluconato di calcio, che solitamente risulta più efficace della morfina.

Effetti neuromuscolari La sindrome neuromuscolare (o pa­ralisi saturnina), caratteristica degli imbianchini e degli altri lavoratori con un’eccessiva esposizione professionale al piombo, è una manifestazione di avvelenamento subacuto avanzato. Assai prima della paralisi vera e propria si manifesta­no debolezza muscolare e astenia, che possono in taluni casi es­sere i soli sintomi. La debolezza o la paralisi possono non ren­dersi evidenti se non dopo attività muscolare protratta. I gruppi muscolari principalmente coinvolti sono, in genere, quelli più attivi (estensori dell’avambraccio, del polso e delle dita e muscolatura estrinseca dell’occhio). La paralisi dei muscoli esten­sori del carpo e, in minor misura del tarso, se accompagnata da dati anamnestici di esposizione, è da considerarsi patognomonica dell’avvelenamento da piombo. Solitamente non vi è coinvolgimento sensoriale. Sono state descritte alterazioni degenera­tive nei motoneuroni e nei loro assoni.

Effetti sul sistema nervoso centrale La sindrome centrale, denominata en­cefalopatia saturnina, è la più grave manifestazione dell’avve­lenamento da piombo, ed è assai più comune nei bambini che negli adulti. Sintomi precoci possono essere rappresentati da movimenti impacciati, vertigini, atassia, cadute, cefalea, inson­nia, irrequietezza e irritabilità. Con il progredire dell’encefalopatia, il paziente può, da principio, diventare eccitato e confuso; seguono delirio con convulsioni tonico-cloniche ripetute o le­targia e coma. Una manifestazione comune è il vomito, di solito proiettivo. Sono anche presenti disturbi visivi. Benché le mani­festazioni e i sintomi siano caratteristici di un’aumentata pres­sione intracranica, la craniotomia non apporta alcun beneficio. Tuttavia, può essere necessario il trattamento dell’edema cerebrale. Si possono verificare meningite proliferativa, edema in­tenso, emorragie puntiformi, gliosi e necrosi focale. La mortalità, in pazienti che sviluppano la sindrome cerebrale, è di circa il 25%.
Effettuando una terapia con agenti chelanti, dopo che sono comparsi i sintomi dell’encefalopatia acuta, circa il 40% dei pa­zienti sopravvissuti presenta conseguenze neurologiche, quali ritardo mentale, anomalie elettroencefalografiche o vere e pro­prie convulsioni, paralisi cerebrale, atrofia ottica o distonia mu­scolare deformante.
L’esposizione al piombo produce occasionalmente nei bambini un deterioramento mentale evidente e progressivo. L’analisi anamnestica rivela per questi bambini uno sviluppo normale durante i primi 12-18 mesi di età e oltre, seguito da una perdita costante di capacità motoria e di linguaggio. I pazienti possono manifestare gravi disturbi comportamentali caratterizzati da ipercinesia e aggressività, nonché attacchi convulsivi difficilmente controllabili. La mancanza di percezione sensoriale compromette gravemente l’apprendimento.
Le concentrazioni ema­tiche di piombo oltrepassano i 60 µg/dl (2.9 µM) e l’analisi ai raggi x può mostrare bande multiple di aumentata densità nelle ossa lunghe in accrescimento. Tutti i bambini sono esposti cronicamente ai bassi livelli di piombo contenuti nella dieta, nell’aria inspirata, nella sporcizia e nella polvere presenti nelle aree di gioco. Questo si riflette nella presenza di elevate concentrazioni di piombo nel sangue di molti bambini, che può essere causa di un’insidiosa tossicità per il SNC, che si manifesta con difficoltà di apprendimento, ri­duzione del quoziente intellettivo (QI) e anormalità compor­tamentali. È stata infatti rilevata un’aumentata incidenza di comportamenti ipercinetici e una riduzione modesta, benché statisticamente significativa, del QI anche in bambini con con­centrazioni ematiche di piombo inferiori ai 60 µg/dl. L’aumento dei livelli ematici di piombo nell’infanzia può manifestarsi, nei bambini più grandi e negli adolescenti, come diminuzione della durata dell’attenzione, dif­ficoltà di lettura e incapacità di terminare la scuola superiore.
La terapia con agenti chelanti è raccomandata se le concentrazioni di piombo nel sangue sono più alte di 25 µg/dl.

Effetti ematologici Quando la concentrazione ematica di piombo raggiunge o supera gli 80 µg/dl, si riscontra punteggiatura basofila negli eritrociti, dovuta ad aggregazione dell’acido ribonucleico. Si ritiene che questo fenomeno sia riconducibile all’effetto inibitorio del piombo sull’enzima pirimidino-5′-nucleotidasi. La punteggiatura basofila, tuttavia, non è patognomonica dell’avvelenamento da piombo.Una conseguenza ematologica più comune dell’intossica­zione cronica da piombo è una forma di anemia microcitica ipocromica, che si osserva più frequentemente nei bambini ed è morfologicamente simile a quella che si verifica in seguito a deficienza di ferro. Si pensa che l’anemia sia dovuta a due fat­tori: diminuzione della vita media degli eritrociti e inibizione della sintesi dell’eme.Anche concentrazioni di piombo molto basse sono in grado di interferire con la sintesi dell’eme.
Il piombo inibisce la for­mazione dell’eme in varie tappe della via biosintetica. È ben documentata l’inibizione della delta-aminolevulinato-deidratasi (o delta-ALA-deidratasi) e della ferrochelatasi, enzi­mi sulfidrile-dipendenti. La ferrochelatasi è l’enzima responsabile dell’incorporazione dello ione ferroso nella protoporfirina, che porta in tal modo alla formazione dell’eme. Quando la fer­rochelatasi viene inibita dal piombo, la protoporfirina in ecces­so prende il posto del gruppo eme nelle molecole di emoglobi­na. Lo zinco viene incorporato nella molecola di protoporfirina dando luogo alla formazione di zinco-protoporfirina, un compo­sto intensamente fluorescente che può essere utilizzato per dia­gnosticare l’intossicazione da piombo. L’avvelenamento da piombo è ca­ratterizzato dall’accumulo di protoporfirina IX e di ferro non emico negli eritrociti, da accumulo di delta-ALA nel plasma e da aumentata escrezione urinaria di delta-ALA. Si assiste, inoltre, ad aumentata escrezione urinaria di coproporfirina III (il prodotto di ossidazione del coproporfirinogeno III), ma non è chiaro se questo sia dovuto a inibizione dell’attività enzimatica o ad altri fattori. L’aumento dell’eliminazione di porfobilinogeno e di uroporfirina è stato riportato solo in casi particolarmente gravi. L’aumento di attività dell’enzima delta-ALA-sintetasi è dovuto alla riduzione della concentrazione cellulare di eme, che regola la biosintesi di delta-ALA sin­tetasi tramite un meccanismo di feedback negativo.La misurazione dei precursori dell’eme fornisce un indice sensibile dell’assorbimento recente di sali inorganici di piombo. L’attività della delta-ALA deidratasi negli emolisati e la presenza di delta-ALA nelle urine sono indicatori sensibili dell’espo­sizione al piombo, ma non sufficienti a quantificare i livelli ematici del metallo.

Effetti renali Benché gli effetti renali del piombo siano meno drammatici di quelli a carico del SNC e del tratto gastrointesti­nale, si ha comunque l’insorgenza di nefropatia. La tossicità re­nale si manifesta in due diverse forme: un disturbo reversibile a livello dei tubuli renali (di soli­to evidente nei bambini dopo esposizione acuta al piombo) e una nefropatia interstiziale irreversibile (osservata più comune­mente nelle esposizioni industriali a lungo termine). Clinicamente, si rileva una sindrome tipo Fanconi accompagnata da proteinuria, ematuria e cilindruria. Iperuricemia e gotta si accompagnano più di frequente alla nefropatia cronica da piombo, piuttosto che ad altre forme di disfunzioni renali croniche.
Istologicamente, la nefropatia da piombo è caratterizzata da tipiche inclusioni nu­cleari, costituite da complessi piombo-proteina; tali formazioni compaiono precocemente e si dissolvono dopo terapia con agenti chelanti. La loro presenza è stata osservata nei sedimenti urinari di lavoratori esposti al piombo in insediamenti indu­striali.

Altri effetti Altre manifestazioni e sintomi del saturnismo so­no il colorito cinereo del viso e il pallore delle labbra, la punteggiatura retinica, la comparsa di segni di “invecchiamento precoce” con postura incurvata, ridotto tono muscolare e aspet­to emaciato; si osserva, inoltre, la comparsa di un orletto nero, grigiastro o blu-nero in corrispondenza del margine gengivale, detto orletto da piombo. L’orletto da piombo, che è il risultato di una deposizione periodontale di solfuro di piombo, può essere rimosso tramite un’accurata igiene orale. Si può pre­sentare una simile pigmentazione anche dopo assorbimento di mercurio, bismuto, argento, tallio o ferro. Esiste una relazione tra la concentrazione ematica di piombo e la pressione arteriosa e si ritiene che ciò possa essere dovuto a sottili variazioni nel metabolismo del calcio o nella funzionalità renale. Il piombo interferisce anche col metabolismo della vita­mina D. È stato documentato un ridotto conteggio spermatico in maschi esposti al piombo.

Intossicazione da piombo

Articolo creato il 10 marzo 2010.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.