Farmacologia e tossicologia clinica

Azione farmacologica

Un farmaco introdotto nell’organismo può comportarsi in due modi: come sostanza inerte, se non interferisce in alcun modo con le cellule, o come farmaco, se è in grado di far variare una o più attività funzionali. L’effetto è di solito dose-dipendente, ossia aumenta all’aumentare della dose, ma può anche rispondere alla legge del tutto o nulla, cioè può essere assente o presente per una dose-limite.
L’azione farmacologica ha un caratteristico andamento nel tempo: inizia dopo un determinato intervallo di tempo dalla somministrazione, detto tempo di latenza, si accresce progressivamente (incremento) fino a raggiungere un massimo (acme), infine decresce progressivamente (decremento) fino a scomparire.

Le caratteristiche dell’azione farmacologica sono:
Il tipo d’azione può essere:

  • Stimolante, quando il farmaco aumenta la normale attività funzionale.
  • Inibente, quando il farmaco riduce, o cessa, la normale attività funzionale.
  • Monofasica, quando un farmaco produce solo un effetto stimolante o solo un effetto inibente.
  • Bifasica, quando produce prima un effetto stimolante e poi inibente (o viceversa).

Ad esempio, la succinilcolina che è un bloccante depolarizzante neuromuscolare generalmente usato in interventi chirurgici (ove il chirurgo vuole un rilassamento della muscolatura scheletrica), ha un meccanismo d’azione depolarizzante: depolarizza la placca neuromuscolare e la mantiene depolarizzata; ciò inizialmente produrrà contrazione e in seguito rilassamento in quanto la placca non si può ripolarizzare e resta bloccata.

Anche l’alcool ha azione bifasica: in un primo momento ha azione eccitante; in seguito provoca un’azione di depressione del comportamento.

La comparsa d’azione può essere:

  • Immediata, quando un farmaco va ad agire su un recettore modificandolo subito.
  • Ritardata, come per i semitriciclici usati nella depressione, quando danno effetto dopo alcune settimane. Ciò dipende dal fatto che non è sufficiente la modificazione del recettore ma è necessario un adattamento recettoriale definito down-regulation.

La durata d’azione può essere:

  • Fugace, quando l’azione farmacologicadura pochi minuti o secondi.
  • Protratta, quando l’azione farmacologicadura nel tempo.

La sede d’azione può essere:

  • Locale (o topica), quando il farmaco provoca un effetto solo nella zona di applicazione.
    Un esempio è dato dall’azione delle pomate.
  • Regionale, quando il farmaco provoca un effetto su un’intera regione che risulta collegata per via nervosa o vascolare con la zona di applicazione.
    Un esempio è dato dall’azione di un’anestesia epidurale.
  • Generale (o sistemica), quando il farmaco provoca un effetto su tutto l’organismo.
  • Infine, la sede d’azione può essere distinta in:ematica, extracellulare, intracellulare, sulla membrana cellulare.

La modalità d’azione può essere:

  • Diretta, quando è il farmaco stesso l’ultimo responsabile dell’azione farmacologica.
  • Indiretta, quando l’effetto è esplicato per interazione con altre sostanze.
    L’amfetamina, per esempio, agisce a livello delle terminazioni del simpatico che rilasciano adrenalina e noradrenalina che sono responsabili dell’effetto biologico.
    Ci sono sostanze, poi, come l’efedrina, che hanno una duplice azione. L’efedrina cloridrato è indicata nel trattamento sintomatologico della tosse in tutte le forme acute e croniche nei bambini e negli adulti.

La frequenza di comparsa (o incidenza) può essere:

  • Costante, quando l’azione farmacologica è presente nel 100% degli individui.
  • Incostante, quando l’azione farmacologica non è presente nel 100% degli individui.

C’è da dire che quasi nessun farmaco è in grado di esplicare il suo effetto nel 100% degli individui.

Il meccanismo d’azione può essere:

  • Specifico, quando il farmaco agisce su un recettore specifico.
  • Aspecifico, quando il farmaco agisce su più tipi di recettori.
  • Infine, il meccanismo d’azione può essere distinto in: fisico, chimico, fisico-chimico.

Il farmaco può legarsi a recettori presenti a livello della membrana cellulare, o a recettori intracellulari presenti nel citoplasma; qualche volta il bersaglio è rappresentato dal DNA o da proteine presenti nei liquidi extracellulari; in ogni caso l’effetto biologico è mediato da complesse vie. Da ciò si deduce che un farmaco non crea effetti, bensì si limita a modulare funzioni proprie dell’organismo.
Se il farmaco agisce su un recettore che svolge funzioni comuni alla maggior parte delle cellule, i suoi effetti saranno generalizzati, non facilmente prevedibili e probabilmente tossici. D’altro canto, se un farmaco interagisce con recettori che sono rappresentati esclusivamente in certi tipi di cellule, i suoi effetti sono più specifici, gli effetti secondari sono ridotti al minimo, ma la tossicità potrebbe essere elevata, soprattutto se la funzione di quel tipo di cellule fosse vitale.
Ancora, esistono esempi di farmaci che interagiscono con un meccanismo fisico o chimico semplice: tali sono le sostanze osmoticamente attive, come il glicerolo e il mannitolo, che, somministrate per via endovenosa, sono in grado di stimolare la diuresi o di ridurre l’edema cerebrale; altri esempi sono dati dai farmaci antiacidi gastrici che neutralizzano l’acido cloridrico, dai bifosfonati che legano i sali di calcio nella matrice ossea, ecc..
Si ricordi che in farmacologia, per recettore s’intende qualsiasi molecola a cui il farmaco può legarsi.

Diversi sono i fattori che possono influenzare l’azione farmacologica.

Articolo creato il 18 aprile 2015.
Ultimo aggiornamento: vedi sotto il titolo.