Fisiologia

Emostasi

Per emostasi s’intende l’impedimento o l’arresto del sanguinamento. Ogni qualvolta un vaso sanguigno viene leso o reciso, l’emostasi viene messa in atto per mezzo di alcuni meccanismi comprendenti lo spasmo vascolare, la formazione di un tappo piastrinico, la coa­gulazione del sangue e lo sviluppo di tessuto fibroso in seno al coagulo sanguigno per chiudere definitivamente l’apertura del vaso.

Indice

Spasmo vascolare

Non appena un vaso sanguigno viene reciso o si rompe, per lo stimolo rappresentato dal trauma vascolare la sua parete si contrae riducendo così immediatamente il flusso e la fuoriuscita del sangue. La contrazione deriva da riflessi nervosi, spasmo miogeno locale, e fattori umorali locali li­berati dai tessuti traumatizzati e dalle piastrine del sangue. I riflessi nervosi vengono presumibilmente scatenati da impulsi dolorifici o di altra natura originatisi dal vaso trau­matizzato o dai tessuti ad esso circostanti. Probabilmente, però, lo spasmo è per gran parte dovuto a vasocostrizione miogena locale direttamente scatenata dalla lesione subita dalla parete vascolare. Per i vasi più piccoli, le piastrine sono responsabili di gran parte della vasocostrizione libe­rando la sostanza vasocostrittrice trombossano A2. Quanto maggiore è il trauma subito dal vaso, tanto più intenso è lo spasmo, cioè un vaso sanguigno reciso netta­mente tende in genere a sanguinare molto più di un vaso rotto in seguito a schiacciamento traumatico. Lo spasmo vascolare locale dura parecchi minuti o anche ore e durante questo lasso di tempo i processi successivi, di formazione del tappo piastrinico e della coagulazione sanguigna, hanno modo di attuarsi.L’importanza dello spasmo vascolare nel meccanismo emostatico appare evidente se si considera che individui, i quali abbiano subito amputazione traumatica delle gambe per schiacciamento, presentano talvolta questo spasmo con una tale intensità a livello dell’arteria tibiale anteriore che l’emorragia non risulta letale.

Formazione del tappo piastrinico

A contatto di una superficie vasale danneggiata, e in particolare delle fibre collagene della parete vascolare o anche di cellule endoteliali lese, le piastrine modificano immediata­mente e drasticamente le loro caratteristiche. Cominciano a rigonfiarsi, assumono forme irregolari ed emettono numerosi prolungamenti che protrudono dalla loro superficie; per azione delle loro proteine contrattili si contraggono energicamente provocando così liberazione di granuli con­tenenti molteplici fattori attivi, diventano adesive e si attac­cano alle fibre collagene. Cominciano quindi a secernere notevoli quantità di ADP e i loro enzimi inducono la forma­zione di trombossano A, che viene anch’esso secreto nel plasma. L’ADP e il trombossano, a loro volta, agiscono sulle piastrine circostanti attivandole. L’adesività di queste altre piastrine attivate fa si che esse aderiscano a quelle ori­ginariamente attivate. Perciò, dovunque si determini una le­sione vasale, la parete vascolare lesa o i tessuti extravasali provocano un ciclo di reazioni che va attivando via via un numero sempre più grande di piastrine; queste, ammassan­dosi, formano un tappo piastrinico. Se la lesione della parete in un vaso è piccola, il tappo piastrinico da solo è in grado di arrestare completamente la perdita di sangue, ma nel caso di una grossa apertura, per arrestare l’emorragia è necessario che, oltre al tappo piastrinico, si formi un coagulo san­guigno.
Il meccanismo di tamponamento da parte delle piastrine è estremamente importante per chiudere le piccolissime rotture che si verificano a carico di piccoli vasi sanguigni centinaia di volte al giorno. In effetti, una molteplicità di piccole aperture attraverso le cellule endoteliali stesse sono spesso chiuse da piastrine che vengono praticamente a fondersi con queste cellule formando con esse una sorta di membrana cellulare aggiuntiva. Pertanto, il paziente con poche piastrine nel sangue presenta letteralmente centinaia di piccole aree emorragiche sotto la pelle e nei tessuti cosa che non avviene nel soggetto normale.

Coagulazione del sangue

Se il trauma della parete vascolare è di grave entità, il terzo meccanismo dell’emostasi consiste nella forma­zione del coagulo sanguigno. Il coagulo si comincia a for­mare in 15-20 secondi per lesioni più gravi, mentre ci vorranno 1-2 minuti per traumi di minore entità. L’inizio del processo di coa­gulazione è dovuto a sostanze attivatrici provenienti sia dalla parete vascolare traumatizzata sia da piastrine e da proteine sanguigne che ad essa aderiscono. Entro 3-6 minuti dalla rottura di un vaso, se l’apertura non è troppo ampia,  la sua  lacerazione o estremità recisa, viene riempita per intero dal coagulo. Da 20 minuti ad 1 ora dopo, il coagulo si retrae determinando un ulteriore restringimento del lume vascolare. Nella retrazione del coagulo le piastrine svolgono un ruolo importante.

Come avviene l’emocoagulazione?

Organizzazione fibrosa o dissoluzione del coagulo

Una volta formato il coagulo, questo può andare incontro a due destini diversi: può essere invaso da fibroblasti che, successivamente, formano tessuto connettivo che si estende attraverso tutto il coagulo, o può subire una lisi completa.

  • Il destino abituale di un coagulo che vada ad occludere una piccola apertura di una parete vasale è l’invasione da parte dei fibroblasti (promossa almeno in parte dal fattore di crescita secreto dalle piastrine). Il fenomeno inizia entro poche ore dalla formazione del coagulo e continua fino alla completa organizzazione di quest’ultimo in tessuto fibroso nel giro di circa 1-2 setti­mane.
  • Quando, invece, si forma un grosso coagulo san­guigno, come nel caso di uno stravaso di sangue nei tes­suti, vengono attivate all’interno del coagulo stesso spe­ciali sostanze ad attività enzimatica che provocano la sua dissoluzione. Più specificatamente, una notevole quantità dell’euglobulina plasminogeno (o profibrinolisina) viene ad incorporarsi nel coagulo insieme ad altre plasmaproteine. I tessuti e l’endotelio vascolare lesi liberano un potente attivatore, detto attivatore tessutale del plasminogeno (t-PA), che in un giorno circa, dopo che il coagulo ha arrestato l’emor­ragia, finisce col trasformare il plasminogeno in plasmina (o fibrinolisina) e rimuove il coagulo. La  plasmina è un enzima proteolitico simile alla tripsina. Essa digerisce i filamenti di fibrina ed anche altre sostanze presenti nel sangue circostante, come il fibrinogeno, il fattore V, il fattore VIII, la protrombina ed il fattore XII. Pertanto, ogni volta che in un coagulo sanguigno viene a formarsi plasmina, essa è capace di indurre la lisi del coagulo, nonché la distruzione di molti dei fattori della coagulazione, per cui rende il sangue meno coagulabile. Molti piccoli vasi sanguigni in cui, per la formazione di coaguli, è stato arrestato il flus­so sanguigno, vengono riaperti con questo meccanismo.