Endocrinologia e malattie del metabolismo

Ormone antidiuretico (ADH, o vasopressina, AVP)

L’ormone antidiuretico (ADH, o vasopressina, AVP) è un neuropeptide costituito da 9 aminoacidi sintetizzato dai neuroni dei nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotalamo. La vasopressina è stata localizzata anche in neuroni del nucleo della stria terminalis che proiettano al setto laterale e all’amigdala mediale, e dell’amigdala mediale stessa con proiezioini all’ipotalamo (forse correlati a funzioni mnemoniche).
L’ormone antidiuretico prodotto nel pirenoforo viene trasportato lungo gli assoni di questi neuroni e giunge alla neuroipofisi (o ipofisi posteriore) dove si accumula in granuli secretori contenenti sia il precursore che l’ormone maturo. In seguito a stimoli adeguati che inducono l’ingresso di ioni calcio nella cellula, l’ADH viene rilasciato in circolo.
L’ADH circolante ha una concentrazione di circa 1 pg/ml e la sua emivita plasmatica è di circa 8 minuti.

Indice

Funzioni

L’ormone antidiuretico agisce in modo da produrre un’urina concentrata e iperosmolare in condizioni di iperosmolarità corporea e ciò rende possibile una minor perdita di acqua.
Inoltre, l’ADH determina una marcata costrizione delle arterie e quindi un aumento della pressione arteriosa; per questo effetto l’ormone viene indicato anche come vasopressina (AVP = arginina-vasopressina). In effetti, un forte abbassamento della pressione arteriosa quale si ha per forti perdite di sangue o nello shock, porta ad un’aumentata secrezione dell’ADH e quindi ad un rialzo della pressione arteriosa.
Nel circolo portale del fegato l’ADH produce invece un abbassamento della pressione.
Infine, la vasopressina aumenta i livelli di fattore VIII circolanti, probabilmente attraverso la stimolazione del suo rilascio ad opera dell’endotelio vascolare, e stimola l’aggregazione piastrinica.

Meccanismo d’azione

Senza l’azione dell’ormone antidiuretico, l’epitelio del tubulo collettore è impermeabile all’acqua. Mediante l’ormone antidiuretico esso diventa permeabile e l’acqua può essere riassorbita passivamente. L’ADH si lega a recettori di membrana accoppiati a proteine G, denominati recettori V2, che sono posti sul lato capillare della cellula. Il legame attiva l’adenilato-ciclasi con conseguente aumento dell’AMP-ciclico. L’aumento del secondo messaggero attiva una protein-chinasi sul lato luminale della cellula che fosforila una proteina di membrana. Ne consegue che gli elementi microtubulari e microfilamentosi del citoscheletro della cellula aumentano il trasporto delle vescicole che contengono i canali dell’acqua, ossia le acquaporine, alla porzione luminale della membrana plasmatica. Queste vescicole si fondono con la membrana plasmatica e si creano, in questo modo, i canali attraverso i quali l’acqua si muove rapidamente dal lume tubulare all’interno delle cellule del dotto collettore.
L’ADH agisce anche sul braccio ascendente dell’ansa di Henle, aumentando il trasporto di sodio nell’interstizio della midollare. Il conseguente aumento dell’osmolalità interstiziale contribuisce a creare il gradiente osmotico necessario al riassorbimento dell’acqua.
Inoltre, la vasopressina agisce anche su recettori V1, sempre accoppiati a proteine G, che sono presenti prevalentemente a livello dei vasi, dell’utero, del fegato, dell’ipofisi e del surrene. Il legame determina attivazione delle fosfolipasi C e A2, provocando vasocostrizione, glicogenolisi, aumento della produzione di prostaglandine e proliferazione cellulare.

Regolazione della secrezione

La carenza di acqua determina un aumento dell’osmolalità del plasma in generale e, più importante, dei liquidi a contatto con il tessuto cerebrale, provocando disidratazione dei neuroni osmocettivi dell’ipotalamo anteriore. Quando l’osmolalità plasmatica raggiunge il valore di 280 mOsm/Kg inizia il rilascio di ADH i cui valori massimi si raggiungono ad un’osmolalità di 290 mOsm/Kg, limite cui compare il senso di sete. A questo valore l’urina non può essere concentrata più di quanto già lo sia, quindi è necessario introdurre liquidi per riportare i valori alla normalità.
Questo stimolo iperosmotico, quindi, aumenta l’attività dei neuroni produttori di ormone antidiuretico che viene immesso in circolo (l’aumento dell’osmolalità di 1 mOsm/Kg aumenta i livelli di ADH di 0,2-0,3 pg/ml); in tal modo esso giunge al rene e agisce sui tubuli collettori e sui tubuli contorti distali.
I neuroni osmocettivi ipotalamici stimolano la sete in risposta all’iperosmolalità plasmatica; la soglia per questa azione è prossima o appena superiore alla soglia per la liberazione dell’ADH. Quest’osservazione suggerisce che l’ADH esercita un ruolo preminente, almeno pari a quello della sete, nella regolazione del contenuto di acqua corporea.
Se l’osmolalità del plasma aumenta direttamente per somministrazione di soluti, la secrezione di ADH si osserverà solamente nel caso dei soluti che, come il sodio, non attraversano liberamente e rapidamente le membrane cellulari. Le sostanze che entrano rapidamente nelle cellule, come l’urea, non stimolano la secrezione di ADH, poiché non alterano l’equilibrio osmotico tra il liquido extracellulare e quello intracellulare.

Barocettori che mandano informazioni ai neuroni che producono ADH si trovano nel seno carotideo e aortico come pure nel territorio delle arterie ad alta pressione. Esistono pure dei recettori di volume con la stessa funzione nei distretti vascolari intratoracici a bassa pressione e negli atri. Una fine modulazione della secrezione di ADH legata a questi recettori di volume si osserva durante le variazioni ortostatiche.
La liberazione di ADH è stimolata anche da una riduzione del 5-10% del volume ematico totale circolante, del volume ematico centrale, della gittata cardiaca o della pressione arteriosa. L’emorragia è uno stimolo molto efficace per la liberazione di ADH.
La secrezione di ADH viene ridotta anche dalla stazione eretta a riposo e durante la respirazione a pressione positiva; questi fattori, infatti, riducono la gittata cardiaca e il volume ematico centrale.
L’ipovolemia viene avvertita da alcuni barocettori, inclusi i barocettori carotidei e aortici, i recettori di stiramento delle pareti dell’atrio sinistro e delle vene polmonari e, forse, anche dell’apparato juxtaglomerulare del rene. Gli impulsi afferenti di questo arco riflesso viaggiano lungo il IX e X nervo cranico, fino ai rispettivi nuclei nel bulbo (nucleo del tratto solitario) e, attraverso il mesencefalo, raggiungono i nuclei sopraottici dell’ipotalamo lungo vie adrenergiche. Poiché i pressocettori esercitano di norma un’inibizione tonica sulla liberazione di ADH, una riduzione del volume ematico circolante riduce, di fatto, il flusso di impulsi inibitori diretti alle cellule ipotalamiche che producono ADH, provocando così la secrezione di ADH.
L’ipovolemia stimola anche la produzione di renina e angiotensina direttamente nel cervello; l’angiotensina locale, oltre a generare la sensazione di sete, può anche intervenire nella liberazione di ADH.
Il dolore, gli stress emotivi, il caldo, l’ipoglicemia, l’attivazione dei recettori NMDA del glutammato e diversi farmaci hanno effetti stimolanti; la nausea e il vomito sono stimoli estremamente potenti sulla secrezione di ADH. Anche le citochine infiammatorie, come l’interleuchina-6, stimolano la secrezione di ADH.
Le persone anziane secernono una maggior quantità di ADH, forse per compensare la minor capacità del rene di concentrare le urine.

L’increzione di ormone antidiuretico è ovviamente ridotta in condizioni di ipoosmolarità. Con l’assunzione di alcool la produzione di ADH viene ulteriormente inibita. Ciò spiega la diuresi particolarmente elevata con flusso di liquido ipotonico che si ha in connessione con l’apporto di alcool. Come risultato della ridotta o assente secrezione di ADH, l’epitelio dei tubi collettori diventa impermeabile all’acqua e ha luogo una modesta concentrazione dell’urina nei tubuli.
La regolazione del volume da parte dell’ADH è parzialmente mediata o potenziata dal peptide natriuretico atriale (ANP). Infatti, quando il volume circolante aumenta, l’ANP viene secreto dai miociti atriali e, insieme con l’ANP generato localmente nell’ipotalamo, inibisce la liberazione di ADH.
Il cortisolo e gli ormoni tiroidei, invece, inibiscono la liberazione di ADH.

L’ormone antidiuretico può essere utilizzato come farmaco.