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Robot Hugo per le patologie urologiche

Primo robot Hugo per l’Emilia Romagna: San Pier Damiano Hospital di Faenza utilizza il sistema chirurgico robot-assistito più avanzato per le patologie urologiche

La chirurgia robotica viene impiegata solo nel 3% delle procedure nel mondo. Nonostante il dato faccia pensare diversamente, l’Italia è tra le nazioni europee che mettono maggiormente in campo la chirurgia robot-assistita.

Come a Faenza, presso il San Pier Damiano Hospital, ospedale di GVM Care & Research accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, dove è stato introdotto il primo robot Hugo dell’Emilia Romagna.

Siamo tra i primi ospedali in Italia e in Europa a utilizzare questo sistema robotico – commenta il prof. Francesco Greco, urologo a San Pier Damiano Hospital –. Il robot Hugo consente l’esecuzione di interventi complessi, prevalentemente oncologici, riducendo il trauma chirurgico intraoperatorio e post-operatorio per il paziente. Grazie anche a una visione in 3D in alta definizione, l’intervento avviene con un movimento chirurgico ancor più accurato e soprattutto nel rispetto di strutture vascolari e neurologiche importanti. Va sottolineato inoltre il ruolo fondamentale del chirurgo: non è infatti il robot che effettua l’intervento da solo ma è sempre lo specialista che guida la tecnologia.

Sviluppato dall’azienda Medtronic, questo sistema robotico viene impiegato a San Pier Damiano Hospital principalmente in ambito urologico. In questo campo si utilizza ad esempio per il trattamento di neoplasie, come il carcinoma prostatico, i tumori renali, dell’uretere e della vescica, e anche per alcuni interventi ricostruttivi benigni (ricostruzione dell’uretere) o per il trattamento di ingrossamenti prostatici molto voluminosi.

La chirurgia robotica consente un risultato migliorativo significativo rispetto alle tecniche “open” o laparoscopiche, specialmente nel recupero precoce della continenza urinaria e delle funzioni sessuali. Il paziente può beneficiare anche di una migliore preservazione dell’organo, di un minor rischio di complicanze e di un più rapido recupero post-operatorio.

In campo urologico la chirurgia robotica rappresenta l’ultima evoluzione della laparoscopia – dichiara il prof. Greco –, garantendo una procedura mininvasiva con un livello tecnologico notevolmente maggiore. La grande differenza si ha però in un confronto tra robotica e chirurgia a cielo aperto: laddove il chirurgo abbia un’esperienza robotica importante, questa è sempre da preferire rispetto alla chirurgia open cosi come consigliato dalle linee guida della Società Europea di Urologia, salvo casi estremi (masse tumorali estremamente voluminose).

La robotica è una metodologia che rappresenta un futuro già presente ma in continua evoluzione – commenta il dott. Antonino Inferrera, urologo a San Pier Damiano e Primus Forlì Medical Center -. La chirurgia robotica consente interventi di alta complessità che guardano molto alla funzionalità dell’organo e che non si potrebbero eseguire con la stessa efficacia in laparoscopia o con la chirurgia tradizionale, che risulta maggiormente invasiva e con performance funzionale inferiore nel post operatorio. Infine, mi preme ricordare che la chirurgia robotica risponde sempre a un comando umano e presuppone una formazione specialistica, una cultura medica e anche perizia sia da parte di chi esegue l’intervento che da tutta l’équipe, fondamentale per trasferire i benefici della tecnologia al paziente.

E novembre, mese della sensibilizzazione sulle patologie urologiche maschili, accende i riflettori sulle campagne di prevenzione, che stanno diventando fondamentali per abbattere l’incidenza delle patologie oncologiche in questo ambito. Si registra infatti una significativa riduzione del numero di alcuni tumori urologici rispetto ad un decennio fa. Inoltre, una diagnosi precoce consente di intervenire in stadi primari della patologia oncologica, con una netta riduzione di casi a stadi avanzati.

Oggigiorno, per esempio, l’età media in cui viene diagnosticato il tumore si è abbassata dai 60 ai 53 anni, proprio perché la problematica viene intercettata già in fase asintomatica in maniera precoce.

L’obiettivo nel trattamento delle neoplasie è duplice: dobbiamo essere in grado di garantire il migliore risultato oncologico associato ad un’elevata qualità di vita – spiega il prof. Greco –. I sistemi robotici sono grandi alleati per raggiungere questo doppio scopo, permettendo inoltre una pianificazione personalizzata del trattamento e dell’intervento.

Infine, tra gli obiettivi della diffusione della tecnologia robotica vi è anche la possibilità di creazione di reti sinergiche tra centri specialistici. Il robot Hugo costituisce infatti un importante strumento per la condivisione di dati e conseguenti analisi mediante intelligenza artificiale. Di conseguenza si va a creare un know-how più esteso a cui i medici possono attingere per migliorare le opzioni terapeutiche per i pazienti.

Prof. Francesco Greco