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Tecnica TMR per aiutare il cervello nel controllo del braccio bionico

Utilizzata a Maria Cecilia Hospital, a Cotignola in Romagna, pone le basi neuro-muscolari per l’impianto della protesi

La protesica offre una nuova speranza per le persone che hanno subito un’amputazione dell’arto superiore a causa di patologie o eventi traumatici. Con l’evoluzione della tecnologia e dei materiali, le protesi sono diventate sempre più performanti, ma indossare una protesi non è semplice come accendere una luce. È importante tenere in considerazione che, oltre al design e alla funzionalità, ci sono anche aspetti come la “connessione elettrica” e la corretta “configurazione” della protesi per garantire un utilizzo efficace e confortevole.

Infatti l’uso corretto di una protesi richiede un lungo processo di preparazione e riabilitazione per abilitare il paziente a utilizzare l’arto artificiale. Spesso è necessario anche un intervento chirurgico per creare i giusti collegamenti neuro-muscolari. La tecnica TMR (Targeted Muscle Reinnervation – reinnervazione dei muscoli target per innesto di protesi) è una soluzione che mira a semplificare questo processo, consentendo una maggiore efficacia nell’uso della protesi.

Il dott. Guido Staffa, neurochirurgo specializzato nella chirurgia del sistema nervoso periferico presso il Maria Cecilia Hospital di Cotignola, è considerato un pioniere nell’utilizzo della tecnica TMR in Italia. Con un’esperienza di 4 anni, il suo team ha eseguito 7 interventi di TMR, che rappresentano una fetta importante rispetto ai circa 50 effettuati in tutto il mondo.

La funzione della tecnica TMR è creare i presupposti per l’impianto protesico – spiega il dott. Staffa –. Anni fa ho fatto parte di un gruppo di studio sugli amputati. Le protesi elettriche impiantate non venivano utilizzate bene dai pazienti in quanto per eseguire il movimento specifico della protesi si devono contrarre muscoli che sono tuttavia deputati a movimenti diversi. Il nostro cervello si rifiuta infatti di usare movimenti diversi da quelli per cui è stato progettato. Da qui l’idea di impiantare i nervi della parte residua all’amputazione, ovvero quelli che rimanevano nel moncone, su questi muscoli per ottenerne l’attivazione. Si aggira così il limite umano, definito lo schema corporeo, ovvero la memoria del cervello che non è in grado di attivare naturalmente la protesi secondo quelle che sono le necessità.

Un esempio recente di utilizzo della tecnica TMR è il caso di Davide, un giovane che ha subito un’amputazione del terzo prossimale di omero con disarticolazione (viene rimosso tutto l’arto compresa l’articolazione della spalla) a causa di un incidente in moto all’età di 16 anni. Questo tipo di amputazione è particolarmente adatta alla tecnica TMR e l’intervento è stato eseguito circa un anno dopo l’incidente per ripristinare la funzionalità dei nervi che presentavano ancora potenzialità. L’équipe guidata dal dott. Staffa fa parte dell’Unità Operativa di Neurochirurgia del Maria Cecilia Hospital, diretta dal dott. Ignazio Borghesi.

Sono due i principali scopi della procedura: trattare il dolore cronico (neuroma doloroso o sindrome dell’arto fantasma), che troppo spesso limita la qualità di vita di queste persone, e porre le basi neuro-muscolari per l’impianto della protesi – spiega il dott. Marco Cancedda, nel team di neurochirurgia a Maria Cecilia Hospital, in sala operatoria per l’intervento insieme al dott. Borghesi e al dott. Staffa –. In estrema sintesi, l’intervento consiste nel liberare i nervi dalle aderenze cicatriziali post-traumatiche e collegare i nervi che controllavano la funzione dell’arto perso con muscoli della regione della spalla-petto. Questi muscoli target funzioneranno poi come amplificatore di segnale per gli elettrodi della protesi. Essendo vie nervose che naturalmente comandavano i movimenti da recuperare, la TMR consente di migliorare il controllo della protesi e agevolare il percorso riabilitativo del paziente. Questa procedura eseguita su Davide è un’operazione di neurochirurgia ad alta complessità che viene svolta solo presso alcuni centri in Europa.

Il muscolo reinnervato viene quindi sottoposto a test attraverso un processo di riabilitazione e uno studio fisiologico per identificare i punti in cui posizionare i sensori che trasmetteranno l’impulso elettrico alla protesi. Il percorso per il paziente è lungo e richiede circa 2 anni, tra la preparazione preoperatoria, l’intervento, la riabilitazione postoperatoria e il follow-up a lungo termine, nonché l’addestramento all’utilizzo della protesi presso l’officina Ottobock Soluzioni Ortopediche.

Dopo l’incidente per il quale ho perso il braccio desideravo una protesi funzionale e non solo estetica. Era il 4 dicembre 2021 quando mi sono sottoposto all’intervento di TMR, sapevo che ci sarebbe voluto del tempo ma già dopo pochi mesi ho visto i primi risultati – racconta il paziente Davide Dalpane –. E oggi, a distanza di oltre un anno dall’operazione, posso compiere gesti quotidiani con più facilità, dall’aprire la bottiglietta d’acqua, al fare la spesa (posso tenere i sacchetti da ambo i lati), ma anche usare il tablet o portare il trolley (e dall’altra parte tenere in mano il cellulare). È una bella sensazione poter fare queste azioni dopo tanto tempo in cui non lo credevo più possibile. Prima dell’incidente giocavo a pallavolo, passione che è proseguita giocando a sitting volley (pallavolo paralimpica). È stata e continua ad essere un’esperienza bellissima che mi permette di incontrare altre persone con disabilità che mi spronano a dare sempre di più. Oggi mi dedico anche agli studi: non potendo fare il poliziotto, il mio grande sogno da bambino, e nemmeno intraprendere una carriera nell’elettrotecnica per i lavori manuali che richiede (indirizzo delle scuole superiori che ho frequentato), mi sono iscritto all’università e studio per diventare professore di educazione fisica, con la speranza in futuro di poter mostrare come la menomazione non costituisca necessariamente un limite e come affrontare un problema ricavandone una nuova opportunità.

Dott. Staffa

Davide Dalpane