Accademia di Medicina di Torino,  Attualità

Terapie ablative imaging-guidate in oncologia

Andrea Veltri, professore di radiologia, dipartimento oncologia (Università di Torino) presenta in un’intervista a Livia Tonti (M.D. Digital) il tema che è stato oggetto di una seduta scientifica dell’Accademia di Medicina di Torino, “Terapie ablative imaging-guidate”. Si tratta di un trattamento percutaneo di tumore epatico con una metodica che va genericamente sotto il nome di ablazione. Più che di asportazione come lascerebbe presupporre il termine latino, consiste in un trattamento locale del tumore che lascia in sede il tessuto necrotizzato.

Negli anni Novanta si è iniziato con l’ablazione chimica iniettando alcool nel tessuto tumorale, tipicamente nel fegato. Perché il radiologo? La procedura viene guidata, controllata, verificata nel corso della procedura attraverso l’“imaging” (ecografia, TC, fluoroscopia).

Le tecniche utilizzate sono la termoablazione con radiofrequenza (RFA) o con micro onde (MWA) che riscaldano i tessuti oltre i 60 °C fino a 100 °C, inattivando le cellule tumorali.

La crioablazione consiste invece nel congelamento rapido dei tessuti raggiunti da una criosonda.

Attraverso immagini, il prof. Veltri mostra come si effettua una piccola incisione col bisturi e si inserisce la criosonda oppure l’agoelettrodo (RFA) o l’antenna (MWA). Le sperimentazioni sono iniziate con l’epatocarcinoma in fase precoce, non più di tre noduli per una dimensione di non più di 3 centimetri. Si raggiunge prima la lesione più profonda per poi passare a quella superficiale. Il gas che viene indotto dalla reazione termica determina una “bollitura” del tessuto, il vapore è un indicatore del completamento dell’ablazione.

Il trattamento si situa a valle del processo di valutazione multidisciplinare, le decisioni vanno condivise con tutti. Lesioni polmonari in stadio precoce («la dimensione è un limite per questo trattamento», non superiori a tre centimentri) possono essere curate con la termoablazione. Il tumore dev’essere in stadio T1a-b-c (fino a 3 centimetri).

Per quanto riguarda il rene, accenna ad un trattamento su una malattia eredofamiliare con la necessità di ottenere al contempo il contenimento della neoplasia e la preservazione della funzione d’organo.

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Prof. Veltri